Uterine screening

Per combattere i tumori esistono due possibili strategie: evitare che la malattia compaia, adottando uno stile di vita sano e una adeguata attività sessuale (prevenzione primaria), oppure diagnosticare la malattia il più precocemente possibile, prima che si manifesti a livello clinico (prevenzione secondaria). Un test di screening è un esame che consente di individuare in fase iniziale una certa malattia, nello specifico un tumore, in persone asintomatiche. In un programma di screening organizzato, l’azienda sanitaria invita direttamente l’intera fascia di popolazione ritenuta a rischio di sviluppare una certa malattia, offrendo gratuitamente il test ed eventuali approfondimenti. 

Il tumore della cervice uterina (o del collo dell’utero) è la terza neoplasia più frequente tra le donne, dopo quelle al seno e al colon-retto. Il virus del papilloma umano (HPV) è il principale responsabile dell'insorgenza dei tumori della cervice uterina. La malattia colpisce il collo dell’utero, ovvero il segmento che pone in collegamento il corpo dell’utero con la vagina. Il rivestimento della cervice uterina è composto da due tipologie cellulari: squamose e ghiandolari, che di conseguenza possono dare origine a due diversi tumori (carcinoma a cellule squamose e adenocarcinoma). Le due zone confluiscono in un’area, la zona di transizione, da cui ha origine la maggior parte dei tumori (l’85 per cento delle diagnosi).

Rispetto ad altri tumori, il tumore della cervice uterina ha il vantaggio di essere facilmente prevenibile e curabile se rilevato precocemente. In effetti è possibile in molti casi intercettare forme iniziali di trasformazione della mucosa ed effettuare una prevenzione secondaria asportando le lesioni precancerose. Dal 2008 in Italia, per prevenire l'infezione da HPV, è in vigore una campagna che raccomanda e offre gratuitamente la vaccinazione contro il virus alle ragazze tra gli 11 e i 12 anni di età, quando si presume che non abbiano ancora avuto attività sessuale e non siano quindi ancora entrate in contatto con il virus.
I più diffusi sono due vaccini che vengono somministrati per via intramuscolare: uno bivalente e uno quadrivalente. Il primo è diretto contro i ceppi 16 e 18 del virus, in grado di causare lesioni precancerose e responsabili del 70 per cento dei tumori della cervice uterina, mentre al secondo è stata aggiunta anche quella contro il 6 e l'11 che causano la formazione di condilomi a livello genitale.

Dal 2017 esiste un terzo vaccino, detto 9-valente, che oltre a HPV 6, 11, 16 e 18, assicura la protezione contro altri cinque sierotipi capaci di indurre il cancro.
In un primo tempo la vaccinazione era articolata in tre dosi somministrate nell'arco di sei mesi, mentre oggi è stato dimostrato che nelle ragazze di 11-12 anni anche due dosi garantiscono una buona protezione. Per vaccinazioni in età successive, invece, ne sono ancora consigliate tre.

Data la loro relativamente recente introduzione, non è invece ancora nota con certezza la durata della protezione conferita dai vaccini. Sulla base delle osservazioni raccolte finora, sembra che si estenda almeno a dieci anni, ma in futuro potrebbe essere necessario aggiungere successive dosi di richiamo per rafforzare l'effetto.

Anche le persone vaccinate devono sottoporsi a regolari controlli di screening per il tumore del collo dell'utero a partire dai 25 anni. Il vaccino-anti HPV protegge, infatti, solo da alcuni ceppi pericolosi del virus e non da altri che, anche se più raramente, possono causare lesioni cellulari a livello della cervice. L'uso del profilattico non basta a proteggere dall'infezione, ma deve essere comunque raccomandato sempre, anche alle persone vaccinate, non solo per evitare gravidanze indesiderate ma anche per proteggere da molte altre infezioni a trasmissione sessuale.

Il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 estende la vaccinazione anche ai maschi nel loro undicesimo anno di età, sia per interrompere la circolazione del virus, sia per proteggerli da tumori più rari di quello dell'utero ma dipendenti dagli stessi ceppi virali, come i carcinomi di ano, pene, cavo orale e gola.

L'altissima protezione offerta dal vaccino può venire meno contro ceppi che l’organismo può avere già incontrato. Ecco perché la vaccinazione è raccomandata e gratuita per l’età (11-12 anni), in cui normalmente ragazzi e ragazze non hanno ancora iniziato l'attività sessuale, principale veicolo di trasmissione del virus. Per eventuali vaccinazioni in età successive, la vaccinazione è comunque approvata dall'Agenzia europea dei medicinali (EMA) e offerta in Italia a prezzo agevolato in alcune regioni fino a 26 anni, dato che può comunque prevenire infezioni di ceppi virali non ancora incontrati dalle persone.

Il test impiegato nello screening per il cancro del collo dell’utero è il Pap-test che deve essere effettuato da tutte le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni, ogni tre anni. Secondo le prove scientifiche disponibili è questo infatti, l’intervallo di tempo che rende massimi i benefici dello screening. Il Pap-test consiste in un prelievo di una piccola quantità di cellule del collo dell’utero, eseguito strofinando sulle sue pareti una spatolina e un tampone. Le cellule prelevate, dopo essere state sottoposte a un particolare processo chimico, vengono analizzate al microscopio per valutare la presenza di alterazioni, che possono essere indice di una trasformazione in cellule tumorali. Se il Pap-test non evidenzia nessuna anomalia, la donna viene invitata a ripetere l’esame dopo tre anni. Se il Pap-test risulta positivo, vale a dire nei casi in cui l’analisi al microscopio mostra la presenza di cellule con caratteristiche pre-tumorali o tumorali, il protocollo dello screening per il cancro del collo dell’utero prevede l’esecuzione di esami di approfondimento. La donna viene invitata ad effettuare un test sulla ricerca del virus HPV e inviata ad effettuare una colposcopia in caso di persistenza della positività al test HPV dopo ripetizione ad 1 anno del test HPV con citologia negativa. La colposcopia consiste in un esame che permette la visione ingrandita della cervice uterina. In tal modo il medico è in grado di confermare la presenza di lesioni pre tumorali o tumorali e valutare l’estensione. Alla colposcopia può far seguito una biopsia, cioè un prelievo di una piccola porzione di tessuto anomalo da sottoporre a un’analisi che confermi definitivamente le caratteristiche esatte della sospetta lesione.

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